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Acufene: Sintomi e Cause

Acufene: di cosa si tratta?

Acufene significa in greco suono fantasma. Viene denominato anche tinnitus.
È un suono solitamente percepito come sibilo all’interno di uno o entrambi gli orecchi, o nella testa.

Il tipo di suono può variare, può essere un singolo tono o più spesso comporsi di molteplici frequenze, può consistere quindi in rombi, ronzii, fischi… con intensità differenti tra i soggetti e variabile intensità anche nella stessa persona, non sempre correlata a particolari fenomeni ambientali o fisiologici.
Coinvolge nel mondo occidentale circa il 10-15% delle persone, una media del 2% vive questo segnale come significativamente incisivo sulla propria qualità di vita.

Principale Cause dell’Acufene

L’origine dell’acufene è complessa, coinvolge non solo il sistema uditivo periferico (orecchio esterno, medio, interno), ma anche le vie uditive centrali e altre aree cerebrali deputate all’elaborazione delle emozioni e dell’attenzione.

Esemplifichiamo alcune possibili cause di acufene.

  • predisposizione biologica. Familiarità positiva per l’acufene/sordità;
  • patologie dell’orecchio come otiti, sordità improvvisa, tappo di cerume, talvolta collaterali esiti della chirurgia dell’orecchio, danni alle cellule ciliate della coclea, otosclerosi, idrope);
  • trauma acustico. Importante fattore di rischio per l’insorgenza di acufene, causato dall’esposizione anche breve a intensità sonore elevate (come esplosioni, concerti con musica amplificata) o dall’esposizione ripetuta o cronica anche a minori intensità (attività lavorative o di svago effettuate senza protezioni adeguate);
  • altre cause traumatiche, come traumi cranici, colpi di frusta, alterazioni ai vasi sanguigni del capo. Traumi pressori (barotraumi) per esempio in seguito a immersioni subacquee, tuffi in acqua, fasi di decollo o atterraggio aereo specialmente in concomitanza di un raffreddore, influenza o crisi allergica o comunque condizioni di alterazione della fisiologia dell’orecchio;
  • presbiacusia, ossia il deterioramento della funzione uditiva conseguente l’invecchiamento;
  • malattia di Ménière. La persona affetta da tale patologia sviluppa acufeni oltre a crisi vertiginose e alterazioni della percezione uditiva;
  • ototossicità, cioè la sovraesposizione ad agenti potenzialmente tossici per l’orecchio (a titolo di esempio alcuni antibiotici, chemioterapici, acido acetilsalicilico);
  • cause vascolari. Lesioni caratterizzate da danni vascolari, infezioni virali;
  • cause legate alle articolazioni del capo, come sviluppo di problemi all’articolazione temporo-mandibolare, alterazioni della postura, e poi bruxismo, contrazione dei muscoli masticatori, problemi cervicali;
  • disturbo post traumatico da stress;
  • cause psicologiche. Su questo punto il dibattito è aperto, data la non univoca letteratura presente a riguardo.

Cause Psicologiche

La domanda che spesso si pone è: “l’acufene è causa di un disagio psicologico o viceversa?
Sicuramente l’acufene risulta di gestione più difficoltosa correlatamente alla condizione di stress del soggetto.
Un soggetto ansioso, o comunque in uno stato di difficoltà dal punto di vista psicologico, verosimilmente gestirà con maggiore difficoltà l’acufene.
Quindi, accade che l’acufene possa generare una condizione di disagio psicologico. Altresì, è noto che il protrarsi di una condizione di stress cronico provoca alterazioni potenzialmente dannose per i diversi sistemi dell’organismo: gastro-intestinale (ad esempio facilitando l’insorgenza di ulcere, gastriti, coliti), cardiocircolatorio (cardiopatie, alterazioni pressorie), muscolo-scheletrico (mialgie, dolori cervicali, cefalee tensive, contratture mandibolari, cambiamenti anche piccoli della fisiologia dei muscoli che possono alterare il funzionamento del sistema uditivo).
Dunque, anche in assenza di dati univoci che spieghino la relazione causale stress psichico – acufene, esistono reazioni somatiche che lasciano aperta almeno la possibilità di una concausa.

Ne deriva che, quando valutiamo la condizione di un soggetto con acufene, è opportuno valutare la condizione organica e anche quella psichica, per definire con precisione quale profilo di reazione emotiva il soggetto sta sviluppando per via di questa percezione sonora. Così potrà essere profilata con più precisione la traiettoria del trattamento.

La percezione dell’acufene ha una quota soggettiva. Ci sono infatti atteggiamenti personali che possono peggiorare tale percezione, come tratti personologici improntati a rigidità, ipercontrollo, eccessivo perfezionismo. La percezione inoltre viene modulata da condizioni cliniche, come ansia o depressione. La modulazione risente anche delle condizioni cognitive, per esempio la distrazione verso altre attività o la capacità di “osservare” l’acufene con la contemporanea abilità di non darvi reazione. Pensiamo al dolore: un taglio duole per la natura della lesione, ma molto può cambiare in funzione di cosa pensiamo del taglio, dello stato di coscienza del momento, del modo con cui lo fronteggiamo.

Come si tratta?

Abbiamo visto come la percezione dell’acufene sia spesso funzione della condizione del sistema somatico, uditivo, nonché di quello psichico. Queste considerazioni si traducono, sul versante terapeutico, nella necessità di un approccio multidisciplinare.

Alcuni tra i principali trattamenti:

  • terapie del suono: utilizzo dell’arricchimento sonoro. Alcuni protocolli proponevano il mascheramento del suono acufene. Quelli oggi maggiormente accreditati vedono l’associazione di un rumore neutro (cioè che non suscita reazioni emotive) con la presenza dell’acufene, in modo da stimolare una nuova associazione tra acufene e stato di quiete;
  • approccio neurochirurgico, laddove si identifichi una causa specifica, come per esempio la presenza, rara, di un neurinoma.
  • trattamenti alternativi (ad esempio agopuntura, chiropratica… e altri, in funzione delle potenziali concause);
  • terapie farmacologiche. A oggi non è disponibile un trattamento farmacologico specifico e scientificamente validato per la cura diretta dell’acufene. La letteratura scientifica internazionale disponibile non permette di inserire il trattamento farmacologico tra le opzioni primarie di trattamento dell’acufene. Pur vero, la farmacologia risulta tra le prescrizioni, dove si valuta utile trattare la reazione psichica disfunzionale o talvolta patologica che può svilupparsi dopo la comparsa dell’acufene.
    Tra le numerose proposte farmacologiche la lidocaina ha dimostrato di possedere un’azione specifica sull’acufene, mentre altri farmaci sono appunto utilizzati per gestire le problematiche di tipo ansioso-depressivo quando presenti nei pazienti con acufene;
  • Terapie psicologiche.

Terapie Psicologiche

Sicuramente la terapia cognitivo comportamentale (CBT) è tra i metodi più validati, contribuendo a un miglioramento della qualità di vita della persone con acufene.
Semplificando, tra le finalità di questo approccio troviamo:

  • apprendimento di una crescente gestione dell’attenzione, richiamandola su stimoli alternativi all’acufene modifica del significato attribuito allo stimolo sonoro;
  • maggiore capacità di gestione dell’attivazione ansiosa. La psicoterapia agisce sul piano della percezione dell’acufene e sulle conseguenze psichiche che esso può provocare; la quasi totalità delle persone, infatti, avverte un peggioramento dell’acufene in periodi particolarmente stressanti e un miglioramento quando lo stress diminuisce. Inoltre, le persone ansiose e comunque in generale psicologicamente disturbate mediamente fronteggiano con maggiore difficoltà l’acufene, vittime di un circolo vizioso in cui l’ansia peggiora l’acufene e l’acufene aggrava l’ansia.

La psicoterapia aiuta quindi a diminuire lo stato di attivazione ansiosa, nonché ad attenuare fino a risolvere i correlati quadri psicopatologici laddove presenti.

Tra le tecniche utilizzate in psicoterapia vi sono ad esempio metodi di acquisizione di una condizione di rilassamento, di una padronanza del focus attentivo, la ristrutturazione cognitiva dei pensieri che possono nascere in seguito all’insorgenza dell’acufene e che concorrono alla generazione e mantenimento di angoscia, l’utilizzo di tecniche allo scopo di riassociare l’acufene con uno stato di non reattività a esso, e inoltre metodologie specifiche in ausilio quali per esempio quelle psicofisiologiche.

Autore Articolo

A cura dei dottori Andrea Crocetti  e Claudia Carminati

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