"Associate Chapter della Association for Behavior Analysis International"
"European Association for Behaviour analysis - National Member Organization"
"Membro della European Association for Behavioural and Cognitive Therapies EABCT"

CERCA PSICOTERAPEUTA

PARURESIS O VESCICA TIMIDA: COS’È E COME CURARLA

La Paruresis, descritta per la prima volta da Williams e Degenhardt (1954), implica l’incapacità di iniziare o sostenere, in modo efficace, la minzione in situazioni in cui vi è la percezione di essere “controllati” dagli altri o, di esserlo potenzialmente.
Questa condizione è spesso associata a un disagio significativo, a una compromissione del funzionamento sociale, lavorativo e a una ridotta
qualità della vita (Vythilingumet al., 2002; Soiferet al., 2001; Brandt et al., 1994).

Una definizione leggermente diversa è stata, invece, offerta da Vythilingum et al. (2002), che l’hanno descritta come “… la paura di non riuscire a orinare in bagni pubblici o in situazioni in cui gli altri potrebbero essere consapevoli che il soggetto sta urinando”.

Questa ridefinizione, finalmente, sposta l’attenzione dall’ incapacità alla paura di poter non essere in grado di orinare e sottolinea il ruolo dell’attenzione da parte degli altri.

Il “controllo percepito” (ad esempio, la sensazione di essere visti o sentiti orinare) e l’attenzione da parte di altri circa le proprie azioni, non sono gli unici trigger ad esercitare un’azione inibitoria sulla minzione.

Possono, infatti, avere il medesimo impatto anche: il numero di persone presenti, la vicinanza fisica agli altri e il tipo di orinatoio utilizzato (Malouff e Lanyon, 1985; Ascher, 1979).

Analogamente ad altri disturbi d’ansia i pazienti con questo problema, nel tentativo di gestire il proprio disturbo, possono ricorrere a delle strategie di coping, come: limitare l’assunzione di liquidi, in particolare di diuretici (ad es. bevande contenenti caffeina e alcoliche, alimenti, farmaci), per ridurre la probabilità/frequenza della minzione.
Possono ricorrere all’evitamento di situazioni sociali quali, ad esempio: teatri, ristoranti, stadi e altri luoghi pubblici per la preoccupazione di poter avvertire l’esigenza di orinare. Quando, invece, sono disposti a usare bagni pubblici, possono mettere in pratica alcuni accorgimenti come, ad esempio: scegliere servizi igienici silenziosi e poco affollati (Anderson, 1977).

Ci sono pochissime informazioni circa l’eziologia e il decorso della Paruresis (Hammelstein e Soifer, 2006) ma, analogamente ad altri disturbi, ha spesso inizio in adolescenza. In un campione di 16 individui, l’età di insorgenza segnalata era compresa tra i 12 e i 15 anni (Malouff e Lanyon, 1985). Nonostante l’impatto che questo disturbo ha sulla qualità della vita e sulle attività quotidiane, la maggior parte dei soggetti affetti da questa patologia non ricerca una valutazione o un trattamento professionale.
Vythilingum et al. (2002) hanno anche rilevato che in un campione di 63 individui con Paruresis, oltre la metà di questi non aveva mai ricevuto una valutazione medica e solo il 37,7% aveva ricevuto una diagnosi da un professionista della salute, ma circa 14 anni dopo dalla comparsa dei sintomi.

Circa il 90% delle persone che richiedono un trattamento è di sesso maschile (Soifer et al., 2001).

Inoltre, quasi la metà degli individui con paruresis, riferisce almeno un’altra condizione psicologica, quale: ansia sociale (28,6%), depressione (22,2%), problemi di alcol (14,3%) e, in misura minore, disturbo ossessivo compulsivo (4,8%; Vythilingum et al., 2002). È, però, altrettanto degno di nota che, più della restante meta, non riferiva nessun’altra condizione. Infine, Vythilingum et al. (2002) hanno riferito che il 16% delle persone aveva almeno un familiare che aveva manifestato lo stesso problema.

paura pipi

Differenze di genere

La maggior parte degli studi condotti sulla Paruresis hanno utilizzato campioni maschili (ad es. Malouff e Lanyon, 1985; Hammelstein et al., 2005).
Per questo, vi sono informazioni limitate circa le differenze genere nella manifestazione del disturbo.
Rees e Leach (1975) hanno, però, evidenziato che gli uomini sembrano più preoccupati per la loro privacy (visiva), mentre le donne hanno maggiori probabilità di preoccuparsi di essere ascoltate durante la minzione.

Paruresis e Ansia Sociale

Il rapporto tra la Paruresis e gli altri disturbi d’ansia è ancora oggi, per lo più incerto.
In letteratura, però, è possibile rintracciare due ipotesi distinte:

  • la prima concettualizza la Paruresis come una variante, un sottotipo o un sintomo dell’ansia sociale (ad es. APA, 2000).
  • La seconda, invece, mette in luce una condivisione della sintomatologia con altre condizioni, come la fobia sociale, ma mantiene le due come problematiche distinte.

Secondo la prima ipotesi, dunque, la Paruresis è considerata come sottotipo o sintomo dell’ansia sociale (es. APA, 2000; Hammelstein et al., 2005; Bohn e Sternbach, 1997) soprattutto in conseguenza, della risposta ansiogena attivata dai contesti sociali e del loro conseguente effetto inibitorio sulla minzione.
Inoltre, Paruresis e fobia sociale presentano un tasso una comorbidità pari al 28,6% (Vythilingum et al., 2002), mostrano elevati livelli di ansia, comportamenti di evitamento (Malouff e Lanyon, 1985), paura del giudizio (Hammelstein et al., 2005), apprensione per la propria immagine corporea (Gruber e Schupe, 1982) e ansia da prestazione come sostenuto da Vythilingum et al. (2002).

Tale ipotesi è stata più volte messa in discussione da Hammelstein e Soifer (2006). I quali sottolineano che, la comorbidità individuata è insufficiente a sostenere tale concettualizzazione.
Infatti, la percentuale di pazienti con Paruresis che mostrano anche i sintomi dell’ansia sociale, vanno dal 25% (Hammelstein e Soifer 2006) al 28,6% (Vythilingum et al., 2002).
Infine, è bene evidenziare che su un campione di 63 individui con Paruresis circa la metà degli individui non soddisfa i criteri per nessun altro disturbo dell’asse I (Vythilingum et al., 2002).

Primi modelli comportamentali

I primi modelli comportamentali si sono concentrati sull’effetto che l’arousal emotivo poteva avere sul controllo consapevole delle funzioni fisiologiche (Middlemist et al., 1976) e sui processi di condizionamento mentale.

In primis, è stato dimostrato che gli stati di attivazione provocati dall’ansia hanno delle conseguenze sul tono del muscolo detrusore (Straub et al., 1949), sulla capacità di rilassare lo sfintere uretrale esterno e, dunque sul passaggio delle urine (Scott et al., 1964; vedi tabella 2, elemento n.1).

Successivamente, invece, si è posta l’attenzione sui meccanismi di condizionamento ed è stato osservato che gli individui con Paruresis, nelle situazioni sociali hanno particolari difficoltà nella minzione, poiché vengono a mancare condizioni favorevoli come: la privacy, l’ambiente confortevole del proprio bagno, la tranquillità, il sapere di essere da soli, ecc.

In mancanza di questi cues, quindi, quando il soggetto si trova in contesti sociali e mette in atto tentativi di minzione, può sperimentare una intensificazione dell’arousal che agisce sulle funzioni fisiologiche determinando un blocco nell’orinare, condotte di evitamento (ad esempio la decisione di abbandonare la situazione) o comportamenti protettivi (ad esempio usare la toilette prima di uscire di casa).

L’attuazione di questi comportamenti che, fungono da rinforzatori negativi, permette agli individui con Paruresis di evitare o ridurre l’esposizione agli stati ansiogeni e contribuiscono al mantenimento del problema.

Una revisione del modello

Uno dei primi autori a porre l’attenzione sul ruolo della cognizione nei pazienti con Paruresis fu Jasper nel 1998, seguito poi da altri autori.

Come nei disturbi d’ansia, le prime esperienze di vita sembrano avere un ruolo importante nell’origine dei contenuti e dei processi cognitivi di questi individui.
In particolare, episodi di scherno e di bullismo, ma anche l’esposizione ad uno stile genitoriale iperprotettivo e controllante.

I meccanismi cognitivi che, invece, coadiuvano al mantenimento del problema, sono differenti da quelli appena indicati.

I pazienti con Paruresis, infatti, manifestano una eccessiva preoccupazione circa la probabilità che si verifichi l’evento temuto (Foa et al., 1996), hanno paura delle critiche e del giudizio degli altri. Attraverso i comportamenti protettivi e di evitamento, si negano la possibilità di raccogliere informazioni corrette (prove), in grado di contraddire le loro credenze disfunzionali.
Come nell’ansia sociale, hanno la tendenza ad interpretare negativamente il comportamento degli altri (Stopa and Clark, 2000), ad esempio possono credere che una persona che attende, silenziosamente, di usare la toilette che stanno utilizzando loro in quel momento, in realtà stia cercando di ascoltare.
Esprimono credenze errate sulla minzione quali, ad esempio: in quanto tempo si deve fare pipì oppure quanto veloci si deve essere nell’iniziare la minzione.
I paruretici possono avere anche preoccupazioni eccessive circa la propria privacy (visiva e uditiva), ma anche un’immagine distorta del proprio corpo, per il quale mostrano apprensione (Turk et al., 1998).

Micturition Double-Bind

Un ulteriore fattore di mantenimento è quello che viene definito “Micturition Double-Bind”.

Questo meccanismo implica che un paziente con Paruresis, nel momento in cui si trova a urinare in presenza di altri, può preoccuparsi sia di un eventuale fallimento sia di un possibile successo.

In quanto, in entrambi i casi, potrebbe attirare l’attenzione delle altre persone presenti nella situazione. Di conseguenza, si incrementano il livello di concentrazione e i tentativi di controllare il proprio corpo (Marks and Gelder, 1966; Scholing and Emmelkamp, 1993; Boschen, 2007).

Infine, è necessario puntualizzare che ripetuti fallimenti nell’orinare da parte di queste persone, possono incidere sulla percezione di autoefficacia, e dunque favorire l’insorgenza di credenze erronee circa la propria incapacità/inabilità ad urinare come tutti gli altri.
Come sappiamo, queste convinzioni possono influenzare livelli di ansia anticipatoria, ma anche innescare meccanismi come la “Profezia che si autoavvera” (Scholing and Emmelkamp, 1999), a causa della quale questi pazienti, non solo affrontano una possibile situazione con l’idea che non ne saranno capaci, ma assumono l’eventuale fallimento come una prova a sostegno della loro incapacità (Clum and Knowles, 1991).

parusesis

Paruresis Rimedi

“Esiste solo un piccolo corpus di ricerche sull’efficacia dei trattamenti per la Paruresis. Le prove più consistenti sono state raccolte sull’esposizione in vivo che, come dimostrato da diversi casi studio è efficace nel trattamento di questo disturbo (e.g. Anderson, 1977; Ascher, 1979; McCraken and Larkin, 1991; Watson and Freeland, 2001; Rogers, 2003; Zgourides et al., 1990).

Sono, invece, più scarsi i dati relativi agli interventi cognitivi anche se possiamo considerare degno di nota il contributo di Jasper (1998).
Grazie all’apporto degli autori sopracitati il protocollo di trattamento della Paruresis integra tecniche comportamentali e cognitive (Boschen, 2008), quali:

  • Esposizione in Vivo
  • Tecniche di gestione dell’arousal
  • Ristrutturazione cognitiva
  • Psicoeducazione

Per il futuro

La Terapia Cognitivo Comportamentale è considerata la forma primaria di trattamento della Paruresis ma, oggi, ci si sta orientando ad indagare il possibile contributo che terapie di terza generazione, come l’Acceptance and Commitment Therapy (Hayes 2005) e la Mindfulness (Germer et al., 2005), potrebbero avere nel superamento del problema.

Articolo tradotto e adattato da:

Enrico ROLLA – Direttore Istituto Watson, Torino – Centro di terapia e scuola di specializzazione ministeriale post lauream

Cristina MONTI – Istituto Watson, Torino – Centro di terapia e scuola di specializzazione ministeriale post lauream

Contatti:
Istituto Watson, c.so Vinzaglio 12 bis, Torino; Tel.: 011 56 111 02; Email: info@iwatson.com; Site: www.iwatson.com

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